Meditazione: tecniche per migliorare il benessere
Meditazione è in generale una pratica che viene utilizzata per raggiungere una maggior padronanza delle attività mentali, in maniera da arrivare ad un silenzio interiore e pace. E’ possibile arrivare a tale condizione attraverso la totale concentrazione dell’attenzione nel momento presente.
Si tratta di una pratica volta all’autorealizzazione, qualsiasi sia lo scopo che spinge il soggetto a compiere tale obiettivo, religioso, spirituale, filosofico o di benessere psicofisico. La meditazione è conosciuta da vari secoli come parte integrante di tutte le principali tradizioni religiose.
Nell’ambito della psicosintesi, la meditazione è definita come stato della coscienza che può essere ottenuto mediante l’indirizzamento volontario della nostra attenzione verso un determinato oggetto (meditazione riflessiva) o mediante la completa assenza di pensieri (meditazione recettiva). Nella meditazione riflessiva l’oggetto della meditazione può essere qualsiasi cosa. In genere nella pratica vengono utilizzate visualizzazioni di elementi che riguardano il mondo interiore o di semplici oggetti, per raggiungere un maggiore stato di concentrazione e di ponderazione. Questo è un tipo di meditazione usato spesso dalla cultura occidentale. La meditazione recettiva ha come scopo l’assenza di pensieri e permette alla mente di raggiungere un livello di consapevolezza senza pensieri, ovvero libero dall’attività psichica dell’essere umano, talvolta caotica e confusionaria. È un tipo di meditazione tipica di numerose filosofie e religioni orientali. Entrambi richiedono fasi di concentrazione e la visualizzazione.
Correnti di meditazione
Come iniziare un percorso alla meditazione che sia adatto al proprio caso? E’ possibile iniziare a farsi un’idea personale andando ad esplorare le diverse e più note tecniche di meditazione, partendo da quella buddhista fino a quella cristiana, senza tralasciare anche quelle pratiche che hanno maggiori studi scientifici alle spalle. Iniziamo a capire in che modo si medita.
Nella meditazione vi sono due correnti principali che tendono ad intrecciarsi tra loro: la focalizzazione e il monitoraggio. Nella focalizzazione bisogna porre attenzione verso un qualcosa: può essere qualsiasi cosa, anche non tangibile, come ad esempio il respiro, una immagine, una parte del corpo, ecc.
Una pratica che nel principio può risultare non semplice ma che tenderà a rafforzarsi col passare den tempo, diventando sempre più esperti. La meditazione che appartiene alla corrente del monitoraggio pone attenzione sull’osservazione dei propri pensieri, in modo non giudicante, non identificandosi in essi ma osservandoli come da un punto esterno e in modo oggettivo.
Alcune tipologie di meditazione buddhista
Meditazione Zen:

Tecniche di Meditazione
Pone le sue radici nel Buddismo cinese grazie ad un monaco indiano vissuto nel sesto secolo d.C. Il suo nome è Bodhidharma ed è stato in grado di portare le sue conoscenze in tutto il mondo, dando molto alla nostra comunità moderna di riscoprire ancora oggi l’essenza di un passato che non c’è più. In genere, la meditazione buddista si pratica da seduti in una posizione a gambe incrociate. Una stuoia o un cuscino andranno benissimo per darti tutta la comodità di cui hai bisogno. Con la colonna vertebrale completamente ritta dal bacino sino al collo, espressione concentrata e sguardo basso ma anche a guardare di fronte a te.
Si può praticare in due differenti modi:
- Concentrazione sul respiro
Qui occorre focalizzare l’intera attenzione sul movimento provocato dalla respirazione attraverso il naso. Sarà possibile aiutarsi contando all’indietro nella mente nel momento in cui si inala. Se per un qualsiasi motivo capita di perdere l’attenzione e di distrarsi, basta portarsi di nuovo in attività e riprendere a contare dall’inizio mentre sei concentrato a respirare.
- Shikantaza (letteralmente seduti)
In questa particolare forma non viene utilizzato alcun oggetto specifico nella meditazione. Piuttosto, in questo caso, si focalizza il tutto per rimanere nel momento presente, consapevolmente. Osserva tutto ciò che passa attraverso la mente e attorno a te, ma senza soffermarti su niente in particolare.
Meditazione Vipassana:

Meditazione e respirazione
La parola deriva dal termine visione o vedere chiaro. Risale al VI sec. a.C. ed è una pratica risalente alla tradizione buddista. Con il tempo ha aumentato popolarità e notorietà anche tra le popolazioni occidentali, con il nome più comune di meditazione consapevole, perché si basa sulla consapevolezza della propria respirazione. Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di carpirne i segreti più reconditi.
La maggior parte dei professionisti del settore sottolineano come sia fondamentale cominciare ad avvicinarsi alla disciplina soffermandosi sulla consapevolezza del respiro nelle fasi iniziali. Questo serve per stabilizzare la mente e raggiungere quella che si chiama concentrazione di accesso. Cosa significa? Vuol dire essere in grado di focalizzare l’attenzione sulla meditazione stessa, per poi passare al secondo stadio e sviluppare la visione chiara sulle sensazioni corporee e sui fenomeni che richiamano la mente, osservandoli momento per momento, istante per istante. Senza aggrapparsi a qualsiasi cosa.
La pratica consiste nel sedersi su di un cuscino posato sul pavimento, con le gambe incrociate e la spina dorsale eretta. Non dobbiamo in alcun modo aiutarci a tenere la schiena ritta per mezzo di un supporto, neppure lo schienale della sedia. Facciamo finta che non esista e lasciamoci andare, cercando di evitare di pensare al probabile fastidio di non essere abituati ad avere qualcosa che non ci sorregga il busto.
Il primo passaggio è quello di sviluppare la concentrazione attraverso il respiro consapevole. Mettiamo a fuoco tutta la nostra attenzione sul movimento percepito, sulla respirazione. Possiamo notare la sottile sensazione dell’addome che si muove e sentire come si alza e si abbassa insieme ai nostri respiri profondi. Chi, invece, è già un pochino più pratico e vuole spingersi oltre, può concentrarsi sulla percezione dell’aria che passa attraverso le narici e tocca avida la pelle del labbro superiore. Richiede una certa dose di praticità ed è consigliato per chi mastica già una tecnica più avanzata.
Ora, come riusciamo a porre l’attenzione e la completa concentrazione sul respiro, possiamo cominciare a sentire altre percezioni a cui prima non facevamo caso: suoni, sensazioni all’interno del nostro corpo, emozioni, ecc. basta notare come questi fenomeni emergono nel campo della consapevolezza e poi riprendere il controllo sulla respirazione. L’attenzione deve essere riportata nell’oggetto della concentrazione stessa, ossia la respirazione, mentre i pensieri e le sensazioni devono essere avvertite come se fossero una dolce melodia di sottofondo.
L’oggetto al centro della pratica (il movimento dell’addome, per esempio) viene definito primario, mentre secondario è quello che si pone nel campo della percezione, sia attraverso i cinque sensi (udito, olfatto, tatto, vista, gusto) sia attraverso la mente (pensieri, ricordi, sentimenti, ecc.). Se un oggetto secondario riesce ad agganciare la nostra attenzione e ci spinge a rifletterlo, provocando il desiderio di vedersi apparire, concentriamoci su questo per un solo istante e forniamogli un’etichetta. Possiamo denominarlo come pensiero, come ricordo, come percezione o come desiderio stesso. Questo passaggio viene chiamato nota, perché somiglia molto allo scrivere un post-it che viene appuntato in un angolo della nostra mente invece che sopra un frigorifero. Questa nota mentale identifica un oggetto generico e non va a svilupparne i dettagli.
La stessa cosa funziona nel momento in cui si presenta, invece, una sensazione non piacevole. Se avvertiamo del dolore, proviamo a non dargli una chiara visione. Al posto di definirlo e pensare al male al ginocchio, chiamiamo sensazione.
Poi torniamo a concentrarci sull’oggetto primario della meditazione e riusciremo a fare lo stesso per un profumo. Quando ci accorgiamo di avvertire una fragranza, lo metteremo nel cassetto degli odori senza identificarne il profumo stesso.
In questo momento siamo appena entrati nella concentrazione di accesso e dobbiamo porre l’attenzione all’oggetto in sé della pratica. Normalmente si tratta del pensiero o delle sensazione corporee. Andremo a osservare gli oggetti di consapevolezza senza attaccarsi a essi, lasciando che i pensieri e le sensazioni stesse sorgano come fossero dei soli e passino oltre di propria iniziativa. Questa pratica delle note mentali viene spesso utilizzata come un modo per evitare di essere trascinati via dai propri pensieri e non farci sopraffare da essi. Come risultato andremo a sviluppare la chiara visione e il fenomeno è pervaso da tre segni di esistenza: l’impermanenza, l’insofferenza e il vuoto di sé. Di conseguenza, si sviluppano, in relazione a questi progressi, l’equanimità, la pace e la libertà interiore.
Meditazione Mindfulness:
Si tratta di un adattamento delle pratiche buddiste tradizionali ed è un ramo della meditazione Vipassana, ma prende una forte influenza anche da altri filoni meditativi buddisti, come la pratica Zen. Mindfulness è la traduzione occidentale del termine buddhista sati, che significa essenzialmente consapevolezza, attenzione sollecita. Una delle figure di riferimento per quanto riguarda questo tipo di meditazione è John Kabat-Zinn che ha creato nel 1979 un programma di meditazione mindfulness per la riduzione dello stress presso il reparto medico dell’Università del Massachusetts. È diventato così famoso da venire usato negli ultimi decenni in diversi ospedali e cliniche americane.

Meditazione Mindfulness
Questo tipo di meditazione, pur avendo origini antichissime nella tradizione buddhista, essendosi molto sviluppata a partire dagli anni ’70 nel mondo occidentale, gode di tantissimi studi scientifici a testimonianza dei suoi benefici su mente e corpo. In cosa consiste la pratica di meditazione Mindfulness?
Consiste nel concentrarsi sul momento presente, osservando i pensieri che emergono senza giudicarli. Occorre prestare attenzione alle sensazioni, ai pensieri e alle emozioni che si presentano attimo per attimo.
Per la pratica formale si comincia seduti su di un cuscino messo sul pavimento o su una sedia, con la schiena, come citato nella pratica precedente, senza alcun supporto. Prestiamo particolare attenzione al movimento provocato dalla respirazione. Nell’istante in cui prendiamo la boccata d’aria ed espiriamo, cerchiamo di essere consapevoli del fatto che stiamo respirando e di come ci sentiamo in quel determinato istante. Questo è fondamentale farlo per l’intera durata della sessione di meditazione, senza dimenticare di percepire bene il contorno: sensazioni, pensieri, sentimenti, emozioni.
È abbastanza faticoso e lo sforzo maggiore consiste nell’evitare a ogni costo di aggiungere quel qualcosa in più all’esperienza che stiamo vivendo in quell’istante, ma di essere consapevoli al cento per cento su ciò che ci sta accadendo, senza perderci. È normale che la mente venga distratta mentre si percepiscono suoni, sensazioni e pensieri. Ma ogni qual volta che ciò accade, riconosciamo la nostra distrazione e riportiamo diretti l’attenzione sulla respirazione. Fatto ciò ricominciamo ad osservare i pensieri e le sensazioni che emergono, sempre in modo oggettivo, senza giudicare.
Ricordiamoci che esiste una netta differenza tra l’essere dentro il pensiero/sensazione o semplicemente l’essere consapevoli della sua presenza. Impariamo a godere della pratica. Una volta che ci siamo riusciti, potremo apprezzare quanto il nostro corpo e la nostra psiche si sentano diversi in maniera positiva.
È possibile praticare la meditazione Mindfulness persino durante le nostre attività quotidiane, attraverso le pratiche informali. Mentre mangiamo un boccone, mentre stiamo camminando, addirittura mentre stiamo parlando. Rimane ovvio che in questo caso la concentrazione deve essere ancora più forzata e bisogna esercitarsi molto sulla consapevolezza di ciò che sta accadendo in noi, senza vivere in modalità automatica. Questo significa che mentre stiamo parlando dobbiamo prestare attenzione alle parole che stiamo pronunciando, al modo in cui stiamo parlando e ascoltare il tutto con presenza attiva. La stessa cosa vale se stiamo camminando. Dobbiamo essere in grado di percepire i nostri movimenti del corpo, come i piedi toccano il suolo, come si muovono le anche, i suoni che stiamo ascoltando, ecc.
Fonte Parziale: Macrolibrarsi Sviluppopersonalescientifico