Luigi Tenco e il giallo sulla sua morte archiviata come suicidio
Luigi Tenco è stato un brillante e talentuoso cantautore italiano del quale sono rimaste delle meravigliose pagine di pura poesia. Le sue canzoni fanno trapelare voglia di rivoluzionare la musica tradizionale italiana e di trattare tematiche innovative per il contesto storico, quali il sentimento umano, l’amore, l’esperienze esistenziali arrivando alla critica sociale come ideologia, politica, diritti delle donne, guerra, emarginazione, esistenzialismo francese, anticipando i temi del ’68.
Una carriera luminosa per una promessa della canzone italiana, violentemente interrottasi nella notte tra il 26 gennaio e il 27 gennaio 1967, in occasione del XVII Festival della Canzone Italiana, a Sanremo, quando il giovane Tenco viene rinvenuto nella stanza 219 dell’Hotel Savoy, morto con un colpo d’arma da fuoco alla tempia.
La versione ufficiale parlava di suicidio: un suicidio dovuto al fatto che la canzone Ciao amore ciao da lui scritta e interpretata in coppia con Dalida, in gara per quella edizione del Festival era stata valutata dalla critica e posizionata ultima in classifica. Dunque un suicidio come forma di protesta. Questa la versione che è stata ritenuta ufficiale e inconfutabile per lungo tempo ma che di recente è stata messa in dubbio per una serie di incongruenze che sono state evidenziate e che sarebbero comprovate da una serie di particolari che lasciano spazio al più che ragionevole dubbio. Dunque la versione del suicidio che pare essere la pista più semplice da seguire, in realtà nasconderebbe una menzogna.
A sostenerlo è l’Associazione pescarese Luigi Tenco 60’S – La Verde Isola che sostiene da anni la tesi dell’omicidio dell’artista, avvenuto per motivi politici. Luigi Tenco era infatti un attivista politico del Partito Socialista Italiano. Egli fu mandato in Argentina con una dispensa speciale che fu sempre taciuta, al fine di parlare sotto copertura con alcune personalità politiche del luogo. Tornato in Italia, cominciò a subire minacce di morte che culminarono con il tentativo di speronamento della sua auto, nel novembre 1966 e con il suicidio simulato nella notte tra il 26 e il 27 gennaio 1967.
Luigi Tenco sarebbe stato ucciso: ecco le prove
L’Associazione Luigi Tenco 60’s – La Verde Isola ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica almeno 5 elementi probatori condivisi attraverso i Social con numerosi sostenitori della tesi omicidiaria, che farebbero propendere per la tesi omicidiaria. Per questo motivo l’Associazione ha promosso anche una petizione al fine di far riaprire il caso.
Vengono mostrate delle immagini inedite che avvalorano la tesi da anni sostenuta da Giuseppe Bità, presidente dell’Associazione, che vuole giungere ad ogni costo ad affermare la reale causa della morte del giovane cantautore genovese.
Le prove (elementi in attesa di convalida), sono state inviate alla Magistratura in data 11 Giugno 2009 ed in data 28 Settembre 2009 ( e per conoscenza alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo).
La mano di Luigi Tenco non era armata e la pistola Walther PPK/L non ha sparato. Nel 2006 venne effettuato l’esame del guanto di paraffina sul corpo di Tenco sul quale fu trovata la cosiddetta combinata ternaria, ossia presenza di tre diversi metalli, piombo, bario e antimonio, sulla tempia destra; sulla mano sinistra una particella di antimonio; sulla mano destra, quella che avrebbe sparato, due particelle di antimonio. Il fatto che non fossero presenti almeno due elementi tra quelli rinvenuti sulla tempia lascia presupporre senza ombra di dubbio che la mano di Tenco non premette il grilletto. Le tracce di antimonio, verosimilmente, potrebbero essere motivate per aver maneggiato un accendino o per aver effettuato il pieno di benzina all’auto presso una pompa self service. A ciò si aggiunge la testimonianza del fratello di Luigi Tenco, Valentino Tenco il quale ricevuta l’arma del fratello per posta e avendola smontata, la rinvenì perfettamente oleata e pulita, dunque mai utilizzata.
Nessuna pistola fu notata all’interno della stanza di Luigi Tenco da Paolo Dossena, uno dei primi ad entrare nella stanza prima dell’arrivo della polizia. Neanche Dalida, giunta nella stanza di Tenco dopo essersi andata a cambiare d’abito, vide alcuna pistola, al punto da pensare che il giovane cantante fosse caduto in preda a un malore, così come affermò lo stesso Valentino Tenco qualche tempo dopo la morte di suo fratello. Vi sono delle immagini scattate in un secondo momento dove la pistola appare sotto i glutei di Tenco ma si tratta della pistola di ordinanza di Molinari, una Beretta, messa per rendere verosimile l’ipotesi suicidiaria così come da lui stesso annunciato all’ANSA addirittura prima di partire da casa. Fatto ancora più anomalo è che il perito balistico che analizzò il bossolo rinvenuto nella stanza affermò che si trattava di un bossolo della PPK, mentre le caratteristiche inequivocabili smentivano questa tesi. Ma allora dove si trovava la pistola che sarebbe stata utilizzata da Tenco per suicidarsi?
La risposta giunge direttamente dal referto della polizia: era nel cruscotto dell’Alfa Romeo GT 1600 di Luigi, come affermerà anche il discografico Paolo Dossena. Da una sua testimonianza:
“Qualche giorno prima del Festival di Sanremo presi la macchina di Luigi, un’Alfa Romeo GT 1600 verde, identica alla mia. L’avevo portata io a Sanremo, perché lui era venuto in treno e si era fermato a salutare la madre. Così mi chiese di portargliela li. Durante il viaggio, Simone e io fummo fermati dai carabinieri. Aprii il cruscotto per cercare i documenti e ci trovai una pistola. Rimasi di stucco. E appena arrivai a Sanremo me la presi con Luigi. ‘Ma come giri con una pistola in macchina? Ma sei pazzo?’. Lui mi disse che era la terza volta che cercavano di ucciderlo. L’ultima volta era successo poche settimane prima, a Santa Margherita Ligure: due macchine lo avevano stretto e avevano cercato di spingerlo fuori strada. ‘E allora mi sono comprato una pistola. Ma non chiedermi chi ce l’ha con me, perché non ne ho idea. Non lo capisco’, mi disse”.
Dunque la pistola non era mai stata presa dal cruscotto della sua auto e non aveva sparato.
Sul corpo del povero Tenco vennero rinvenute ferite ed ematomi sul viso che lasciavano presagire segni di colluttazione, incompatibili con quanto refertato dalla scientifica dove si evince un unico trauma da arma da fuoco sulla regione temporale destra. Incomprensibile risulta anche il fatto che il volto di Tenco sia stato esageratamente bendato. Un modo per nascondere l’evidenza?
Nessuno in hotel aveva udito colpi di pistola, così come riportato anche da Lucio Dalla e Sandro Ciotti, le cui camere erano adiacenti a quella di Tenco, e sebbene fossero svegli, nonostante l’ora.
Non vi era alcun segno di Felc sulla mano di Tenco ossia quella lesione che va a formarsi tra il dito indice ed il pollice a causa dei margini taglienti della culatta di un’arma semiautomatica, a seguito di uso inesperto.
Anomala anche la traiettoria del proiettile che ha seguito un tragitto dal basso verso l’alto ed è stato esploso ad una distanza di 10cm.
Nessuna microbruciatura è stata rinvenuta presso il foro di entrata del proiettile.
Altro elemento che getta numerosi interrogativi è il fatto che Luigi Tenco sia stato trasportato in obitorio prima che venissero effettuati i rilievi fotografici di rito per cui si è reso necessario riportare il corpo in camera. Il fatto anomalo è dato dal particolare della camicia che Luigi Tenco indossava, candida come appena uscita dalla tintoria mentre quella che aveva indosso appena ritrovato era sporca di sangue. Che senso aveva vestirlo con abiti puliti?
Il biglietto di addio di Luigi Tenco sarebbe un falso
Come pochi sanno, il biglietto di addio di Luigi Tenco non fu rinvenuto dalla polizia all’interno della stanza 219 dell’Hotel Savoy dove fu ritrovato senza vita, bensì venne consegnato direttamente al commissario da Pietro Vivarelli, regista e autore, dopo essere stato per oltre 30 minuti nella stanza della cantante italofrancese Dalida che in quell’edizione duettava con il cantautore. All’arrivo delle forze dell’ordine, non viene ritrovato alcun biglietto tanto è vero che nel referto della scientifica non se ne parla. Il fatto che un biglietto proveniente dall’esterno sia considerato valido e originale lascia aperti numerosi dubbi.
Maggiormente causa di forti dubbi vi sarebbe, oltre alla firma palesemente contraffatta e non corrispondente alla firma autografa di Tenco, la presenza di due calchi di parole (gioco e già) sulla pagina della lettera di addio, a voler significare che vi sarebbe una seconda pagina sulla quale lo stesso Tenco scrisse sopra. Dunque due pagine e non una comporrebbero la lettera in questione. Ed è proprio il termine gioco a far pensare che Tenco avrebbe voluto denunciare il giorno dopo il giro di scommesse clandestine che avvenivano attorno alle canzoni del Festival, così come fu confidato alla giovane fidanzata Valeria, poco prima della morte.
La domanda da porsi è la seguente: come mai questa pagina che pareva essere tra le mani dell’allora commissario di polizia Molinari non è stata più trovata nè risulta agli atti? Come può essere considerata autentica una lettera proveniente da un’ambiente esterno a quello in cui è avvenuto il fatto? Tra le testimonianze raccolte dagli appuntati presenti quella notte non sembrano evidenziarsi particolari determinanti. Uno non entrò nemmeno nella stanza mentre l’altro affermava di non ricordare nulla. Il tutto pare assumere una connotazione ancora più opaca per il fatto che il commissario Arrigo Molinari era tesserato alla loggia massonica P2. Dunque sulla vicenda doveva regnare il silenzio.
A seguire la conferenza sull’omicidio di Luigi Tenco, tenuta a Montesilvano il 17 Febbraio 2017 da Giuseppe Bità, Presidente della Associazione Luigi Tenco 60’s – La Verde Isola. Evento realizzato da Laboratorio Informativo.
Fonte Parziale: Youtube Macrolibrarsi