Carlos Castaneda: lo sciamano fuori dal tempo

Carlos Castaneda
Carlos Castaneda, in origine Carlos César Salvador Aranha Castañeda, nasce a San Paolo del Brasile, il 25 dicembre 1925. Si forma dapprima come antropologo e diventa poi scrittore di fama mondiale, ma di fatto è uno Sciamano, o meglio, un Uomo di Conoscenza, erede dell’Antica sapienza degli sciamani toltechi. Approfondimento su Altrarealta.com.
Naturalizzato dagli Stati Uniti dal 1957, si iscrive all’Università della California di Los Angeles nel 1959, conseguendo la laurea in Arte nel 1962 e il dottorato di Filosofia nel 1970. Di certo la sua prima pubblicazione del 1968, The Teachings of don Juan (Gli Insegnamenti di don Juan) lo fa diventare uno dei più noti antropologi al mondo, in quanto i suoi studi sul campo sono davvero straordinari.
Con gli scritti successivi, via via che l’Antropologo Castaneda diventa lo Sciamano Castaneda, la comunità scientifica storce il naso e comincia ad accusarlo di ciarlataneria: i suoi scritti non vengono più visti come il resoconto veritiero di fatti antropologici vissuti al fianco dell’indiano Yaqui Juan Matus, quanto piuttosto come mero frutto del genio creativo di un fantasioso scrittore.
Gli 11 lavori successivi – straordinari libri magici, gustosi come romanzi di alta letteratura, eppure veritieri resoconti di fatti energetici accaduti e sperimentabili – lo rendono famoso in tutto il mondo, non come antropologo, ma come una sorta di guru della new age o come un maestro spirituale; appellativi che – se gliene fosse importato – non lo avrebbero certo trovato d’accordo. Osannato dai suoi fedeli lettori e demonizzato da chiunque fosse infastidito dai suoi scritti, Carlos Castaneda è ufficialmente morto di cancro il 27 aprile 1998. La notizia della sua morte si è diffusa con mesi di ritardo e con molte lacune, aumentando ulteriormente il mistero intorno alla sua vita.
Carlos Castaneda e l’insegnamento di Don Juan Matus

Carlos Castaneda e Don Juan
Secondo quanto asserito da Castaneda stesso, nel 1960, allora giovane studente all’Università della California a Los Angeles, conobbe in Arizona un messicano di etnia yaqui, Don Juan. Questi lo avrebbe iniziato alla stregoneria antica messicana, per usare i termini esatti del suo libro, portandolo a scoprire nuovi mondi e stati di coscienza alterati ricorrendo inizialmente anche a sostanze allucinogene (come il cactus peyote da cui si estrae la mescalina), per abbattere le sue convinzioni; ma asserendo poi in successivi libri, che ciò non sarebbe stato affatto necessario se egli fosse stato un poco più essere fluido.
Carlos Castaneda afferma di aver poi trovato nei suoi studi filosofici sulla fenomenologia gli strumenti metodologici per poter interpretare e applicare correttamente gli insegnamenti ricevuti da Don Juan, imparando a distinguere, all’interno dell’atto conoscitivo, la percezione dall’intenzione, ossia l’oggetto esterno percepito, soggetto a mutevolezza e sul quale occorre sospendere il giudizio, dal contenuto mentale (noema), l’unico che abbia importanza all’interno dell’esperienza soggettiva di chi apprende.
Proseguendo il racconto, alla partenza di Don Juan per il suo ultimo volo (una specie di morte alternativa a quella comune), lo sciamano Carlos, in qualità di nuovo nagual (cioè leader) designato da Don Juan, avrebbe proseguito e guidato un altro gruppo di allievi, anch’essi preparati, il cammino verso la liberazione totale dell’essere, per partire infine anche loro, come il proprio maestro, per il viaggio definitivo attraverso l’ignoto. Gli sciamani o stregoni che lo istruiscono, indicherebbero l’ultimo volo come un processo volontario di attivazione interiore del fuoco dal profondo insito in ogni essere, capace di condurre ad una specie di autocombustione, o volatilizzazione istantanea del corpo, nel quale però lo spirito, la propria coscienza, sarebbero in grado di sopravvivere.
Il lettore di Castaneda che abbia una mente aperta si accorge presto che i suoi scritti riflettono una sapienza tanto vasta quanto antica e misteriosa. Il personaggio don Juan non può essere frutto di una mera invenzione giacché, se così fosse, allora lo stesso Carlos dovrebbe avere in sé l’infinita saggezza del suo benefattore. E poi, ogni lettore ha la possibilità di sperimentare di prima mano tutto ciò che viene descritto e potrebbe rendersi conto che è tutto vero.
I livelli di attenzione secondo Carlos Castaneda
Il fatto più significativo nella vita di una persona è che non si rende conto di avere a disposizione altre attenzioni possibili (così lui le chiama), le quali andrebbero sviluppate. Incrementandole, arrivando cioè a percepire, ad averne piena coscienza, prima, disponibilità e controllo, dopo, l’essere umano secondo lui, potrebbe arrivare addirittura a compiere una morte alternativa. Incrementarle richiede disciplina, ma soprattutto forza, energia, quello che don Juan gli descrive come potere personale. Ecco che con la corretta applicazione dell’arte dell’agguato (trattata in libri, come il potere del silenzio, ma non definita mai bene, nella sua totalità), egli afferma che possiamo diventare dei cacciatori di potere. Andare a caccia di potere, significherebbe accumulare energia tramite certe tecniche di controllo comportamentale, ma anche dei rituali che non escludono, come già accennato, il consumo di allucinogeni, ma più spesso trattasi invece del contatto diretto con certe forze (spiriti, che lui chiama alleati di potere, appunto) naturali che ci circondano. Un potere personale sufficiente, porterebbe dunque alla consapevolezza di tutte queste tre attenzioni e quindi, alla padronanza dell’intento”(il controllo cosciente e volitivo della propria “forza di volontà”, che Castaneda ci descrive come delle fibre luminose di energia partenti dalla base dell’ombelico).
Questa padronanza sarebbe principalmente il movimento controllato di quello che è conosciuto in questa particolare disciplina, come il punto d’unione, il centro energetico della sfera luminosa di energia dell’uomo in cui si metterebbe insieme la nostra percezione, e responsabile quindi di quello che percepiamo coi nostri sensi.
Secondo questa filosofia, quando siamo giovani, il nostro uovo luminoso non si sarebbe ancora irrigidito e il punto d’unione scorrerebbe fluido. L’uovo degli umani sarebbe intersecato da filamenti di energia, che produrrebbero percezioni, ma quando le persone crescono e vivono in una esistenza ordinaria (concentrandosi solo cioè sulla loro “prima attenzione”), concretizzerebbero solo una piccola parte di queste emanazioni, che diventerebbero quindi tutta la loro realtà percettiva, escludendo automaticamente tutti gli altri possibili mondi che invece potrebbero ugualmente essere raggiunti (attraverso le altre attenzioni possibili).
Carlos Castaneda afferma che ogni nostra sensazione, sentimento o azione, è determinata dalla posizione di questo punto di unione. Il movimento consapevole del punto di unione permetterebbe la percezione del mondo in maniera differente (realtà non ordinaria), nonché l’entrata in altri mondi veri e propri, diversi dal nostro, ma ugualmente inglobanti e reali.
L’obiettivo di tutto questo sarebbe quello di raggiungere la totalità di se stessi, ossia la piena percezione e dominio delle attenzioni.
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