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Home›COSPIRAZIONI›AIDS: la peste del XX secolo dalle origini oscure

AIDS: la peste del XX secolo dalle origini oscure

By AltraRealtà Team
18 luglio 2016
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AIDS conosciuta come sindrome da immunodeficienza acquisita, fu considerata la peste del XX secolo da quando iniziò a diffondersi la fobia verso questo oscuro e ancora poco conosciuto male e le cui modalità di trasmissione parevano essere legate all’uso di droghe e ai rapporti sessuali promiscui. Altrarealtà.com vuole svelare i risvolti e le informazioni riguardanti questo tema che ha portato ad aprire nuovi scenari rispetto a quelli ufficialmente condivisi.

Le ipotesi alternative sull’AIDS identificano diverse teorie di alcuni autori, tra questi alcuni appartenenti all’ambito delle cosiddette teorie del complotto, in base alle quali l’AIDS non sarebbe causata dal retrovirus HIV.

I sostenitori di queste teorie alternative affermano che l’AIDS sarebbe una sindrome conseguente, a loro dire, all’abbassamento delle difese del sistema immunitario, e non ritiene dimostrato che sia il virus a causare questo indebolimento.

I sostenitori delle ipotesi alternative a quella ufficiale sull’AIDS

AIDS

AIDS

Tra le persone che hanno sempre sostenuto ipotesi alternative alla sindrome di immunodeficienza acquisita ricordiamo la figura di Peter Duesberg, professore di Biologia Cellulare e Molecolare presso L’University of California, Berkeley, il quale ha contribuito più di ogni altro scienziato dissidente al dibattito.

Tuttavia c’è stato chi ha messo in discussione la Teoria dell’HIV prima di Duesberg, e fra questi anche ricercatori appartenenti allo stesso NIH. Prima del 1984, molte furono le ipotesi avanzate per spiegare la nuova epidemia dell’AIDS. Fattori come l’abuso occasionale di droga e di farmaci, determinati ambienti sociali, infezioni da malattie veneree, modelli comportamentali ed altro furono presi in esame dai ricercatori.

A seguito dell’aumento a livello mondiale dei casi di AIDS tra i soggetti sottoposti a trasfusioni di sangue, emofiliaci, partner sessuali infetti, ed altri gruppi di individui, si appurò che la malattia si trasmetteva attraverso il contatto con il sangue ed i rapporti sessuali, e si affermò quindi l’ipotesi dell’HIV come causa predominante.

L’AIDS non sarebbe causata dal virus HIV

Uno dei primi a mettere in dubbio il ruolo dell’HIV nel morbo AIDS fu Casper Schmidt, il quale nel 1984 scrisse un articolo sul Journal of Psychohistory intitolato The Group Fantasy Origins of AIDS in cui sosteneva che l’AIDS sarebbe un esempio di epidemic hysteria (isteria epidemica), in cui gruppi di persone inconsciamente darebbero forma concreta ai conflitti sociali, e paragona la malattia a casi documentati di isteria epidemica del passato, che furono ritenuti erroneamente di origine infettiva.

Giungendo ai giorni nostri, pare però che si vada rafforzando anche con documentazioni e prove scientifiche la teoria secondo la quale il virus HIV non sarebbe responsabile della sindrome. E’ ciò che trapela dalle affermazioni del dott. Alessio Pisani, ricercatore specializzato in psiconeuroimmunologia in medicina psicosomatica il quale , in maniera alquanto chiara ed efficace, anche per i non addetti ai lavori, espone in breve le motivazioni che avvalorano tale affermazione. Il 23 aprile 1984 il dr. Robert Gallo, immunologo e virologo statunitense al quale fu attribuita nel 1983 la scoperta del virus HIV di tipo 1 insieme al professor Luc Montagnier, affermò in conferenza stampa con l’allora segretaria del Ministero della Salute statunitense Margaret Heckler che: la probabile causa dell’AIDS era stata individuata, è un virus chiamato HTLV 1-2-3 (oggi chiamato HIV); contiamo di avere un vaccino pronto entro 2 anni (di anni ne sono passati 28…). Tale conferenza venne effettuata prima che Gallo sottoponesse la ricerca e i suoi esperimenti alla comunità scientifica per poterne verificare la validità. 24 ore dopo il primo test ipoteticamente destinato all’individuazione del virus nel sangue umano era già stato brevettato ed era pronto per essere venduto in tutto il mondo. I documenti ufficiali che dimostrano questa scoperta sono disponibili e pubblicati in Rete.

Il giorno 26 marzo 1984 il dr. Gonda, che venne incaricato da Gallo e assistenti di fotografare il virus al microscopio elettronico al fine di inviare le immagini alla rivista Science per la sua pubblicazione, scrive a Gallo e alla sua équipe che: “…le particelle osservate sono frammenti di una cellula degenerata” e che “….non credo affatto che le particelle fotografate siano il virus HTLV (HIV)”.
Il collaboratore di Gallo, il dr. Popovic scrisse nella sua ricerca che: “nonostante intensi sforzi nella ricerca, l’agente patogeno causa dell’AIDS non è stato ancora identificato”. Gallo, come si può notare dal documento, depennò tale frase e la sostituì con una che affermava il contrario. E spedì il suo articolo alla rivista Science che lo pubblicò il 4 maggio del 1984. Nel 2008, 37 scienziati inviarono una lettera a Science chiedendo che l’articolo del 1984 di Gallo venisse immediatamente ritirato poiché le prove di come fosse stato volutamente contraffatto erano tali da renderlo inaccettabile dal punto di vista scientifico e morale. Tale lettera è ancora in attesa di risposta.
I Test per effettuare la diagnosi di HIV sono tre:
– il primo è chiamato Test Elisa, definito test di diagnosi di routine. Se questo test risulta positivo, è obbligatorio effettuare un secondo prelievo al paziente, in modo da poter verificare l’infezione con un altro test, chiamato Western Blot.
– Il Western Blot è costituito da 9 bande proteiche che si ritengono specifiche del virus HIV. Ma in ogni paese del mondo il numero di bande necessarie alla conferma della positività del test è diverso. Si può essere positivi in Svizzera, dover le bande richieste sono 2, e negativi in Australia, dove le bande richieste sono 4. In Africa la diagnosi di AIDS viene effettuata senza l’uso dei test, ma in base ai cosiddetti principi di Bangui, indicatori clinici aspecifici di infezione come febbre, dissenteria, perdita di peso. Questo in un paese in cui la malnutrizione e la mancanza di acqua potabile creano un numero di malattie note alla scienza da secoli e che nulla hanno a che fare con un virus.
– Un terzo tipo di Test, chiamato PCR, viene utilizzato per confermare l’intensità dell’infezione in base al numero di copie di virus per millilitro di sangue. Tale tecnica, inventata da Kary Mullis negli anni 90, e per la quale Mullis ottenne il premio Nobel, è parte della screening diagnostico e prognostico delle infezioni da HIV; in base a questo test si decide quanti e quali farmaci somministrare a vita al paziente. Purtroppo però, lo stesso Mullis ha affermato che la sua tecnica “non è in grado di identificare virus” perché è nata per altri obiettivi.
Gli stessi produttori del test Elisa, alla voce “sensibilità e specificità del test” affermano: ad oggi non esiste uno standard riconosciuto per stabilire la presenza o l’assenza di anticorpi HIV-1 e HIV-2 nel sangue umano . Tuttavia tale test viene usato per affermare che nel sangue analizzato del paziente gli anticorpi sono presenti e che prima o poi il paziente morirà.
Nel foglio illustrativo del test Western Blot, chiamato Test di Conferma perché appunto dovrebbe confermare un’infezione rivelatasi al primo Test Elisa, si legge che: un campione di sangue risultato positivo sia al Test Elisa che al Test Western Blot si presume infetto da HIV-1 e ancora: sebbene un risultato positivo potrebbe indicare infezione da HIV-1, la diagnosi di AIDS può essere effettuata solo se l’individuo rispecchia i criteri diagnostici stabiliti dal CDC ovvero dal Center of Diseases Control e inoltre al punto 6 viene affermato: non usare il Western Blot come unico test di conferma di diagnosi di positività al virus HIV-1.
Peccato che questo viene chiamato e usato come test di conferma.
Passando alla terza metodica diagnostica, la PCR, ecco cosa riporta il foglio illustrativo del test: questa tecnica non deve essere usata come test di screening per il virus HIV o come strumento diagnostico per confermare la presenza del virus.
Con questo test, invece, i medici decidono quando iniziare le terapie farmacologiche sui pazienti definiti sieropositivi. Terapie farmacologiche basate su farmaci tossici e mortali (chiamati farmaci antiretrovirali-ARV) nei cui bugiardini, consultabili liberamente sul sito della FDA (Food and Drugs Administration) viene affermato che questo farmaco non cura e non previene l’infezione da HIV e non ne impedisce la trasmissione. Questo farmaco può causare, con i suoi effetti collaterali, gli stessi sintomi della immunodeficienza acquisita (AIDS).
Milioni di vittime nel mondo sono quindi morte a causa dei farmaci che dovevano curarli.
Françoise Barrè-Sinoussi ha preso il Premio Nobel per la Medicina insieme a Luc Monatagnier per la presunta scoperta del virus HIV; ma la prima ha affermato nel documentario “The Emperor New Virus” che: “Purificare il virus era fondamentale per poter preparare i test per trovare gli anticorpi dell’hiv, ok? Perché volevamo che i test diagnostici fossero quanto più precisi possibile. Infatti se si usa una preparazione di virus che non è purificata ovviamente identificherai anticorpi di ogni tipo…”

Peccato però che Luc Montagnier che ha condiviso con lei il Nobel abbia sostenuto che non furono purificati. Dunque? Il virus non è mai stato visto da nessuno!

Esistono circa 70 condizioni cliniche riconosciute che possono portare alla positività dei test HIV, che non vengono mai comunicate al paziente. Tra queste troviamo la semplice influenza e il vaccino antinfluenzale stesso (nel foglio illustrativo di questo viene dichiarato che può determinare positività ai Test HIV), il raffreddore, la gravidanza, infezioni di varia natura (citomegalovirus, mononucleosi, herpes), etc.
Cosa rilevano dunque questi test che si definiscono specifici per HIV, se invece danno una reazione crociata con innumerevoli tipi di anticorpi non specifici?
In un’intervista del 2009, il co-scopritore del virus HIV Luc Montagnier ha dichiarato che: possiamo essere tutti esposti al virus HIV senza essere cronicamente infetti; un sistema immunitario funzionante si libererà dal virus in modo naturale.
Il prof. Montagnier dovrebbe spiegarci come sia possibile liberarsi in modo naturale da un retrovirus che per quasi 30 anni è stato definito incurabile, letale, altamente trasmissibile.
Inoltre ricordiamo che la funzione di un vaccino è creare gli anticorpi verso la malattia stessa. Se una persona risulta positiva al test per il citomegalovirus o la toxoplasmosi, ad esempio, viene dichiarata immunizzata verso tali agenti patogeni, poiché nel sangue vengono rilevati appunto gli anticorpi specifici. Nei test HIV che, come abbiamo visto i produttori stessi dichiarano non in grado di identificare gli anticorpi HIV, la positività (ovvero la presenza dei anticorpi) viene invece valutata come indicatore di infezione cronica, progressiva e mortale.
Ma se anche l’HIV fosse un retrovirus, come sostenuto da decenni, è importante sapere che nella storia della microbiologia e della virologia nessun retrovirus è mai stato né pericoloso nè letale. Il nostro patrimonio genetico contiene infatti circa novantasettemila (97000) retrovirus endogeni (ovvero innati, non acquisiti dall’esterno) naturalmente presenti nel nostro organismo e assolutamente innocui.
Le culture cellulari usate da Gallo nel 1983, a cui seguì la pubblicazione su Science dell’articolo-annuncio della scoperta del virus HIV, erano mescolate a linfociti provenienti dal sangue di cordone ombelicale, tessuto riconosciuto da tempo per la sua ricchezza in retrovirus umani. Tale articolo comprende dunque gravi errori metodologici.
Quindici anni più tardi vennero effettuati controlli sperimentali in laboratori francesi e statunitensi che pubblicarono un articolo nella rivista Virology, in cui si dimostrava i risultati dei loro studi al microscopio elettronico sui gradienti ottenuti a partire da culture cellulari che si ritenevano infette da HIV. In entrambi gli studi, gli autori hanno riscontrato un’abbondanza di residui cellulari senza alcuna evidenza accettabile di particelle retro virali. Quasi nello stesso momento Luc Montagnier venne intervistato da Djamel Tahi e finì per ammettere che in effetti il virus HIV non era mai stato isolato nel suo laboratorio.
In ultima istanza, viene da chiedersi perché il programma mondiale di lotta contro l’AIDS degli Stati Uniti sia gestito dal National Security Council e dalla CIA, e non sia stato invece affidato agli organismi competenti in materia di sanità.
Altrarealtà.com suggerisce un approfondimento bibliografico, acquistabile attraverso il portale.
Fonte Parziale: Amazon

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