Volto Santo di Manoppello a Pescara: il vero Volto di Cristo
Volto Santo di Manoppello, si trova in provincia di Pescara – Abruzzo. Si tratta di un velo che ritrae un volto, un viso maschile con capelli lunghi e barba, ritenuto essere il Volto Santo di Cristo. L’immagine è acheropita ossia non disegnata o dipinta da mano umana e presenta una caratteristica unica al mondo: è visibile identicamente da ambedue le parti.
Questa reliquia di origine ignota giunse a Manoppello nel 1506, portata da un pellegrino sconosciuto, scomparso senza lasciare alcuna traccia dopo aver consegnato il velo al fisico Giacomo Antonio Leonelli. Un racconto, in parte leggendario, di padre Donato di Bomba, confermato da un atto notarile del 1646 per la donazione del Velo ai padri cappuccini da parte del dottor Antonio de Fabritiis.
Il nuovo proprietario pensò subito a dare una sistemazione più conveniente al Velo, ridotto in cattive condizioni, pregando padre Clemente da Castelvecchio di affidare all’arte di frate Remigio da Rapino la sistemazione del Velo. Fu lavorata da lui la cornice in noce che venne utilizzata da supporto ai due vetri utilizzati per racchiudere l’immagine, eliminando tutto intorno al volto la tela che aveva le proporzioni di una tovaglia e che avrebbe potuto svelare indizi per stabilire la località di provenienza.
Volto Santo di Manoppello e l’incredibile corrispondenza con la Sacra Sindone
Predisposta la reliquia, fu consegnata ai padri cappuccini nel 1638 e posta all’interno della chiesa dove tutt’ora è esposta. Il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Iconologia e Storia dell’Arte Cristiana alla Pontificia Università Gregoriana ha studiato il Velo circa 13 anni ed è convinto possa trattarsi del sudario poggiato sul Volto di Cristo dopo la morte. Tale tesi è avvalorata dal fatto che l’immagine del Volto di Manoppello e quello sindonico sono esattamente sovrapponibili.

Volto Santo di Manoppello perfettamente sovrapponibile alla Sacra Sindone
Torniamo alle caratteristiche di questa immagine: nel 1997 è stata eseguita un’analisi con raggi ultravioletti dal professor Donato Vittore presso l’Università di Bari, stabilendo che le fibre del Velo non presentano alcun tipo di colore e al microscopio si nota assenza di tinte o di fibre colorate.
Con elaborate tecniche fotografiche di ingrandimento digitale è possibile constatare come l’immagine sia identica in entrambi i lati del Velo. Altre analisi, però, hanno dato risultati diversi. Il professor Giulio Fanti, dell’Università di Padova, che ha studiato il Velo nel 2001, ha rivelato che al microscopio ottico appaiono sostanze di apporto colorate in vari particolari anatomici, anche se resta però incline a credere che l’immagine sia comunque acheropita.
Saverio Gaeta, autore di un libro sul Velo, ipotizza che tracce che sembrerebbero pigmenti o residui di bruciatura e che si trovano unicamente in piccole aree nella zona delle pupille, potrebbero, nel primo caso, essere dovute a un ritocco compiuto da qualcuno nel Medioevo per rafforzare l’intensità dello sguardo.
Approfondimento video tratto dalla puntata di Indagine ai Confini del Sacro andata in onda il 16 maggio 2015 su Tv2000.
Fonte Parziale: Youtube