Il Mistero di Tunguska
Tunguska, anno 1908. In una località della Siberia Centrale chiamata Tunguska, avviene un fatto straordinario quanto catastrofico. Un evento eccezionale presumibilmente dovuto all’impatto di un meteoroide di grandi dimensioni che provocò l’abbattimento di 80 milioni di alberi su una superficie di 2.150 chilometri quadrati e fu percepito a migliaia di chilometri di distanza. Viene classificato come il maggiore evento esplosivo naturale registrato nella storia recente in prossimità del pianeta, con un’onda d’urto pari al quinto grado della scala Richter.
A 500 chilometri alcuni testimoni affermarono di avere udito un sordo scoppio e avere visto sollevarsi una nube di fumo. A 65 chilometri il testimone Semen Semenov raccontò di aver visto in una prima fase il cielo spaccarsi in due, un grande fuoco coprire la foresta e in un secondo tempo notò che il cielo si era richiuso, udì un fragoroso boato e si sentì sollevare e spostare fino a qualche metro di distanza.
L’onda d’urto fece quasi deragliare alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana a 600 km dal punto di impatto. Si ritiene, in base ai dati raccolti, che la potenza dell’esplosione sia stata compresa tra 10 e 15 megatoni di dinamite equivalente circa a mille bombe di Hiroshima messe insieme. Altri effetti si percepirono persino a Londra dove, in quel frangente, pur essendo mezzanotte il cielo era talmente chiaro e illuminato da poter leggere un giornale senza l’ausilio della luce artificiale.
Il mineralologo russo Leonid Kulik credette di identificare il luogo dell’impatto in una foresta abbattuta presso il bacino del fiume Podkamennaja Tunguska, che dà proprio il nome alla località (foto). Tra il 1927 e il 1939 Kulik organizzò 4 spedizioni, ma non fu mai trovato il cratere o altre evidenze dell’impatto. Per iniziativa di Kulik, e sotto la sua direzione, fu realizzata nel 1938, la prima ripresa aerofotografica della zona colpita dalla catastrofe utilizzando l’Lz 127 Graf Zeppelin.
L’ipotesi più accreditata come causa del fenomeno è l’esplosione di un asteroide sassoso di circa 30 metri di diametro che si muoveva a una velocità di almeno 15 chilometri al secondo (54.000 km/h). La deflagrazione del corpo celeste sarebbe avvenuta a un’altezza di 8 chilometri. La resistenza offerta dall’atmosfera può aver frantumato l’asteroide, la cui energia cinetica è stata convertita in energia termica. La conseguente vaporizzazione dell’oggetto roccioso ha causato un’immane onda d’urto che ha colpito il suolo.
Simulazioni più recenti, come quella effettuata da N.A. Artemieva per conto dell’Istituto per la dinamica della geosfera di Mosca, hanno confermato la probabile vaporizzazione dell’asteroide avvenuta 5-10 chilometri sopra Tunguska, mentre nel 2007 Mark Boslough per conto del Sandia National Laboratories ha calcolato che l’esplosione fu di circa 3-5 megatoni.
La frequenza media di impatti terrestri con oggetti simili a quello caduto su Tunguska è all’incirca di uno ogni 600 anni, ma meteoroidi entrano nell’atmosfera della Terra dallo spazio ogni giorno, di solito viaggiando a una velocità di oltre 10 chilometri al secondo. Il calore generato dalla compressione dell’aria nella parte anteriore del corpo che viaggia attraverso l’atmosfera è enorme e la maggior parte dei meteoroidi bruciano o esplodono prima di raggiungere il suolo terrestre. Dalla seconda metà del XX secolo, un attento monitoraggio dell’atmosfera terrestre ha portato alla scoperta che le esplosioni di meteoriti si verificano piuttosto frequentemente. Un meteoroide di pietra di circa 10 metri di diametro può produrre un’esplosione di circa 20 chiloton, simile a quella della bomba Fat Man, sganciata su Nagasaki. Dati rilasciati dal programma di difesa della US Air Force indicano che tali esplosioni si verificano nell’atmosfera superiore più di una volta all’anno. Eugene Shoemaker ha stimato che tali eventi si verificano circa una volta ogni 300 anni.
L’effetto dell’esplosione sugli alberi vicino all’epicentro dell’esplosione è stato replicato durante i test atmosferici nucleari negli anni 1950 e 1960. Dai test si evince che tali effetti possono essere prodotti da un’onda d’urto prodotta solamente da grandi esplosioni. Gli alberi direttamente sotto l’esplosione sono spogli dato che l’onda d’urto si muove verticalmente verso il basso, mentre gli alberi più lontani sono caduti perché l’onda d’urto viaggia in orizzontale quando raggiunge gli alberi.
Esperimenti sovietici eseguiti a metà degli anni ’60, con l’ausilio di modelli di foreste e alcune piccole cariche esplosive che scivolano verso il basso, hanno prodotto modelli di esplosioni a forma di farfalla, ovvero molto simili a quanto risulta nell’area di Tunguska. Gli esperimenti suggeriscono che l’oggetto si era avvicinato con un angolo di circa 30 gradi rispetto al suolo e 115 gradi da nord e esplose a mezz’aria.
Grazie a una simulazione, alcuni scienziati della NASA e dell’Università del Wisconsin, Christopher Chyba e Kevin Zahnle con Paul J. Thomas, escludono che l’asteroide possa essere stato di natura ferrosa o carbonacea. Nel primo caso, il corpo celeste avrebbe raggiunto il suolo senza frantumarsi, nel secondo caso, la deflagrazione sarebbe avvenuta troppo in alto nell’atmosfera per devastare una zona così ampia di taiga. Per ragioni analoghe e per considerazioni sulla densità, i tre studiosi ritengono improbabile che l’evento di Tunguska sia stato generato da una cometa, come nel 1930 fu sostenuto dall’astronomo britannico Fred Lawrence Whipple e da ricercatori sovietici 30 anni dopo. Una cometa, essendo composta principalmente da ghiaccio e polvere, avrebbe dovuto essere completamente vaporizzata dall’impatto con l’atmosfera terrestre, senza lasciare tracce visibili. Nel 1978 l’astronomo L’ubor Kresàk suppose si trattasse di un frammento della cometa Encke, responsabile della pioggia di meteoriti Beta Tauridi: l’evento coincise con un picco in quella pioggia e la traiettoria approssimativa del dispositivo di simulazione Tanguska è coerente con quello che ci si attenderebbe da un tale frammento.
È ormai noto che i corpi di questo tipo esplodono a decine o centinaia di chilometri sopra la terra. Satelliti militari hanno osservato queste esplosioni da decenni.
Giungendo ai nostri giorni, nel 2008 è stata realizzata una modellazione digitale tridimensionale dell’evento a Tunguska, disegnata da Utyuzhnikov e Rudenko, che secondo gli autori avvalora l’ipotesi della cometa. Secondo i risultati, la materia della cometa si è dispersa nell’atmosfera, mentre la distruzione della foresta è stata causata dall’onda d’urto.
Un anno dopo, nel 2009, M.C. Kelly e altri studiosi sostengono che l’impatto è stato causato da una cometa a causa degli avvistamenti di nubi nottilucenti dopo l’impatto, un fenomeno dovuto alla massiccia quantità di vapore acqueo nell’atmosfera superiore. Hanno confrontato il fenomeno delle nuvole nottilucenti per il flusso di scarico dallo space shuttle della Nasa Endeavour.
Nel 2010, una spedizione di Vladimir Alexeev, con gli scienziati della Innovazione Troitsk e Nucleare Research Institute (TRINITY), ha utilizzato un radar a penetrazione della terra (Georadar) per esaminare il cratere Suslov presso il sito di Tunguska. Quello che ha provato è che il cratere è stato creato dal violento impatto di un corpo celeste. Gli strati del cratere erano costituiti da permafrost recente sulla parte superiore, sotto strati più vecchi danneggiati e, infine, nelle profondità, frammenti del corpo celeste sono stati scoperti. Un’analisi preliminare ha dimostrato che si trattava di un enorme pezzo di ghiaccio che si è frantumato al momento dell’impatto.
Nel corso degli anni sono state formulate diverse ipotesi sulla causa dell’evento, molte delle quali fantascientifiche e prive di evidenze a loro favore che facevano riferimenti a UFO, antimateria o a buchi neri. Una chiave di lettura interessante è però quella proposta dal geofisico statunitense Jason Phipps Morgan della Cornell University di New York che sosterrebbe che il disastro di Tunguska provenga dalle profondità della terra e sia la conseguenza di un fatto accaduto 250 milioni di anni prima: dunque un evento di origini vulcaniche.
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