Fenice: creatura leggendaria
La Fenice, spesso nota anche come Araba Fenice, è un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Gli antichi Egizi furono i primi a parlare del Bennu, che poi nelle leggende greche divenne qualcosa di un pochino diverso cioè la Fenice. Altrarealtà.com tratta questa interessante figura mitologica.
In Egitto era raffigurata con la corona Atef o con l’emblema del disco solare. Contrariamente alle “fenici” di tutte le altre civiltà quella egizia non era raffigurata come simile né ad un rapace, né ad un uccello tropicale dai variopinti colori, ma era inizialmente simile ad un passero (prime dinastie) o ad un airone cenerino, inoltre non risorgeva dalle fiamme (come nel mito greco e miti successivi) ma dalle acque.
Nei miti greci (ma non solo) la Fenice era un uccello sacro favoloso diverso rispetto al mito egizio anche come aspetto, infatti assomigliava ad un’aquila reale e il piumaggio dal colore splendido, il collo color oro, rosse le piume del corpo e azzurra la coda con penne rosee, ali in parte d’oro e in parte di porpora, un lungo becco affusolato, lunghe zampe, due lunghe piume — una rosa ed una azzurra — che le scivolano morbidamente giù dal capo (o erette sulla sommità del capo) e tre lunghe piume che pendono dalla coda piumata — una rosea, una azzurra e una color rosso-fuoco. Il motto della Fenice è Post Fata Resurgo (dopo la morte torno ad alzarmi).
La Fenice è realmente esistita?
Pochissimi storici si domandano se questa creatura mitologica sia realmente esistita, facendo riferimento alle opere dei poeti romani, considerandola nulla di più di un prodotto della fantasia dei seguaci del Dio Sole. Alcuni, tuttavia, credono che il mito possa essere basato sull’esistenza di un vero uccello che viveva nella regione allora governata dagli Assiri.
Gli antichi identificavano la Fenice col fagiano dorato, tanto che un imperatore romano si vantò di averne catturato uno. Nella Bibbia, con l’ibis o col pavone; altri, con l’airone rosato o l’airone cireneo — basandosi sull’abitudine degli antichi egizi di festeggiare il ritorno del primo airone cinereo sopra il salice sacro di Eliopoli, considerato evento di buon auspicio, di gioia e di speranza.
Il volatile più idoneo a rappresentarla è la Garzetta: uccello simile all’airone, di cui numerosi esemplari vennero sterminati solo poiché i loro ciuffi costituivano le aigrettes usate per confezionare i pennacchi coi quali si adornavano le dive. Come l’airone che spiccava il volo sembrava mimare il sorgere del sole dall’acqua, la Fenice venne associata col sole e rappresentava il BA (l’anima) del dio del sole Ra, di cui era l’emblema — tanto che nel tardo periodo il geroglifico del Bennu veniva impiegato per rappresentare direttamente Ra. Quale simbolo del sole che sorge e tramonta, la Fenice presiedeva al giubileo regale. Ed essendo colei che ri-sorge per prima, venne associata al pianeta Venere — che appunto veniva chiamato “la stella della nave del Bennu-Asar”, e menzionata quale Stella del Mattino nell’invocazione: Io sono il Bennu, l’anima di Ra, la guida degli Dei nel Duat. Che mi sia concesso entrare come un falco, ch’io possa procedere come il Bennu, la Stella del Mattino.
La Fenice: simbolo di morte e risurrezione
Come l’airone, che s’ergeva solitario sulla sommità delle piccole isole di roccia che sbucavano dall’acqua dopo la periodica inondazione del Nilo che ogni anno fecondava la terra col suo limo, la Fenice annunciava col suo ritorno un nuovo periodo di ricchezza e fertilità.
Non a caso questa creatura era considerata la manifestazione dell’Osiride risorto, spesso raffigurata appollaiata sul Salice, albero sacro ad Osiride. Per questa stessa ragione venne riconosciuta quale personificazione della forza vitale, e — come narra il mito della creazione — fu la prima forma di vita ad apparire sulla collina primordiale che all’origine dei tempi sorse dal Caos acquatico. Si dice infatti che il Bennu abbia creato sé stesso dal fuoco che ardeva sulla sommità del sacro salice di Eliopoli. Proprio come il sole, che è sempre lo stesso e risorge solo dopo che il sole “precedente” è tramontato, di Fenice ne esisteva sempre un unico esemplare per volta. Da qui l’appellativo semper eadem: sempre la medesima.
Era sempre un maschio, e viveva in prossimità di una sorgente d’acqua fresca all’interno di una piccola oasi nel deserto d’Arabia, un luogo appartato, nascosto ed introvabile. Ogni mattina all’alba faceva il bagno nell’acqua e cantava una canzone così meravigliosa che il dio del sole arrestava la sua barca (o il suo carro, nella mitologia greca) per ascoltarla. Talvolta visitava Eliopoli (la città del sole, di cui era l’uccello sacro), e si posava sulla pietra ben-ben: l’obelisco all’interno del santuario della città (nota originariamente col nome di “Innu”, che significa la città dell’obelisco, da cui il nome biblico On).
Secondo una versione del mito, l’Araba Fenice è divenuto il simbolo della morte e risurrezione, si dice infatti come l’araba fenice che risorge dalle proprie ceneri. Dopo aver vissuto per 500 anni, la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma. Qui accatastava le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di uovo — grande quanto era in grado di trasportarlo. Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l’incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme.
Per via della cannella e della mirra che bruciano, la morte di una Fenice è spesso accompagnata da un gradevole profumo. Dal cumulo di cenere emergeva poi una piccola larva (o un uovo), che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell’arco di tre giorni, dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad Eliopoli e si posava sopra l’albero sacro. Si dice anche che dalla gola della Fenice giunse il soffio della vita (il Suono divino, la Musica) che animò il dio.
Fonte Parziale: Macrolibrarsi Wikipedia