Don Guido Bortoluzzi e la Genesi Biblica così come gli è stata rivelata
Don Guido Bortoluzzi è stato un sacerdote reso noto per un fatto straordinario che lo ha riguardato in un periodo di tempo di circa 8 anni, tra il 1968 e il 1974. Approfondimento su AltraRealta.com.
Don Guido nasce nel 1907 a Puos d’Alpago, in provincia di Belluno, Frequenta il seminario di Feltre dove riceve la visita di don Giovanni Calabria, oggi proclamato Santo, il quale predisse a don Guido, di fronte al rettore e alla classe, che da anziano avrebbe ricevuto importanti rivelazioni sulla Genesi Biblica.
Trasferitosi per le classi superiori al seminario di Belluno gli viene predetto dal peruviano servo del Signore padre Matteo Crawly la stessa cosa, anticipando in quell’occasione anche al futuro papa Albino Luciani che sarebbe arrivato ad alti livelli la sua carriera ecclesiastica, anche se sarebbe durato poco.
Alla vigilia della sua ordinazione il suo padre spirituale, monsignor Gaetano Masi, gli raccomanda, una volta ricevuta la rivelazione sul mistero del peccato originale per opera di Dio, di ringraziarlo a nome di tutti gli uomini, perché solo per mezzo della conoscenza della vera essenza del peccato originale avrebbero potuto essere compresi il mistero e l’economia della Redenzione.
Divenuto sacerdote riceve anche la visita in bilocazione di Teresa Neumann che, dopo avergli predetto le stesse cose, gli raccomanda di scrivere tutto ciò che il Signore gli avrebbe rivelato e gli predice pure che avrebbe avuto molto da soffrire. Don Guido vede inoltre, fin nei minimi particolari e con 18 anni di anticipo, la catastrofe del Vajont. Avvertirà la popolazione e i superiori, ma senza essere creduto. La sua scomparsa avviene nel 1991.
Introduzione alla Genesi Biblica svelata a Don Guido Bortoluzzi
La Rivelazione sul primo testo biblico così come è stata mostrata a Don Guido Bortoluzzi lascia sgomenti. Si avverte la percezione che il quadro della Creazione sia pervaso di una luce chiarificatrice che lascia intravedere con maggior chiarezza il racconto riportato nei testi sacri oltre a fornire una chiave di lettura compatibile in qualche modo a quanto afferma la scienza sul tema dell’origine della vita e dell’Universo. Dio rivendica a Sé ogni atto creativo spiegando le modalità con cui è intervenuto direttamente sia nella creazione dell’Uomo che di qualunque altra specie.
Ogni creazione di una nuova specie è sempre partita da un seme e mai una pianta o un animale è stato creato allo stato già sviluppato come per magia, sebbene questo Gli sarebbe stato possibile essendo Egli Potenza Assoluta. Questo principio di iniziare ogni creazione dal seme vale sia per l’universo che per la vita.
Non spiega come creò la vita ai suoi albori ma, mostrando come operò per creare il primo Uomo e la prima Donna , suggerisce di estendere questo principio anche alla creazione di tutte le altre specie più evolute.
Quindi, anche il primo Uomo e la prima Donna non furono creati già adulti, come vorrebbero i creazionisti fondamentalisti, né in via di evoluzione come vorrebbero gli evoluzionisti, ma vennero creati nella loro prima cellula e già nella loro perfezione assoluta. E dove mai avrebbe potuto svilupparsi la vita in embrione se non nell’utero di una femmina di una specie già esistente?
Da qui la spiegazione del concetto di creazione mediata: il Signore si servì di una femmina di una specie ora estinta come mezzo per la creazione dell’Uomo e della Donna: precisamente Dio ha usato come supporto ciò che era già stato creato. Regola usata prima ancora per la creazione di qualsiasi altra nuova specie.
La sola, ma importantissima, differenza fu che nella creazione dell’Uomo e della Donna Dio aggiunse, fin dall’attimo del loro concepimento, un elemento nuovo, il Suo Spirito, così che essi divennero spiritualmente Suoi figli.
Quindi l’Uomo deriva ma non discende dalla specie immediatamente inferiore perché in tutto e per tutto è nuova creazione non essendo passato alcun gene dalla specie inferiore a quella superiore. Passò solo il nutrimento. (Ciò non toglie che per evitare problemi di rigetto le due specie siano state create con numerosi geni uguali).
Oltre ciò il Signore afferma che per ogni specie Egli creò una sola coppia di capostipiti, maschio e femmina, entrambi con i caratteri di specie già definita. Fu l’enorme quantità di specie in progressione di sempre maggior complessità e perfezione ad indurre in errore gli evoluzionisti che dedussero che il processo evolutivo fosse spontaneo.
Nella rivelazione Dio mostra come la specie umana, creata perfetta, sia stata inquinata da un atto di ibridazione commesso già alla prima generazione con la specie dalla quale era derivata: ibridazione che pregiudicò le generazioni successive. In questa disobbedienza, che in verità fu un peccato di estrema presunzione e autosufficienza da parte del primo uomo, consiste il peccato originale.
La specie umana, quindi, s’inabissò in un’involuzione psicosomatica che le fece perdere i suoi requisiti di specie pura e perfetta e, quel che più conta, gli uomini ibridi persero anche lo Spirito di Dio perché Dio non poteva abitate in esseri bestiali.
Solo dopo che le frange più compromesse furono spazzate via da selezioni di vario tipo, il Signore iniziò il suo recupero iniziando un processo di rievoluzione della specie ibrida alla quale appartiene oggi tutto il genere umano. I reperti archeologici sono dunque la prova non dell’evoluzione della specie umana, bensì del suo decadimento e della sua rievoluzione, fenomeni che spesso si sono intrecciati fra loro. E questo processo di recupero è ancora in atto.
Quando poi l’umanità rievoluta raggiunse un livello di sufficiente capacità di intendere e di volere, cioè nella pienezza dei tempi, Dio mandò Suo Figlio Gesù affinché ridonasse il Suo Spirito a tutti i miti e i giusti della terra così che, per la Sua obbedienza e mediazione, essi potessero esser riammessi all’eredità spirituale e potessero esser riaperte loro le porte dell’eterna felicità.
Renza Giacobbi, curatrice del testo, ricorda Don Guido Bortoluzzi
Una conoscenza iniziata nel 1986 quando all’epoca Renza Giacobbi frequentava la cappella della Casa del Clero di Belluno. Una conoscenza che la colpì molto soprattutto per il trasporto con cui Don Guido svolgeva il suo santo ministero. Omelie brevi ma molto profonde, mai preparate, trasmettevano sempre un qualcosa di nuovo, tutte vòlte a trasmettere devozione profonda anche alla Madre di Dio.
Don Guido le chiese di aiutarlo nella elaborazione e trascrittura di un manoscritto che egli desiderava pubblicare ma che non riusciva a scrivere in quanto interessato da una patologia ai legamenti della spalla che gli impedivano di poter scrivere. Da qui inizia a parlare a Renza del suo progetto di voler rendere pubblico e far conoscere quanto Dio gli volle rivelare, sul peccato originale e sulla creazione.
Renza rimase incredula e si chiedeva come facesse a dire quanto affermava. Don Guido assertivamente le replicò che Colui che le aveva rivelate non poteva di certo sbagliare, sebbene non si sentisse degno del messaggio ricevuto. Proprio questo senso di umiltà, profondo equilibrio nel suo raccontare, colpirono molto Renza che le percepì come genuine e veraci.
Sebbene soffrisse per il fatto che non venne da tutti creduto per le sue affermazioni, non smise di confidare nel fatto che Dio stesso avrebbe provveduto ad abbattere le barriere di diffidenza.
Fonte Parziale Amazon DonGuidoBortoluzzi.com