Diamante Hope: la gemma portatrice di disgrazie
Diamante Hope: un nome che richiama ironicamente il termine speranza ma soltanto per l’omonimia con uno dei numerosi possessori. Questa splendida pietra si è distinta nel corso della storia come nesso di causalità di una serie di eventi sfortunati accaduti a coloro che l’hanno acquistata o ricevuta in dono. Si tratta di uno splendido gioiello noto anche come Blu di Francia, appartenuto nel corso dei secoli a numerose famiglie nobili ed estimatori di pietre preziose. La sua storia lo vuole collegato ad una lunga scia di particolari vicende nefaste che hanno interessato coloro che ne sono venuti in possesso e che gli fanno conquistare un posto tra gli oggetti maledetti più famosi della storia.
Già in altra occasione parlammo di una perla appartenuta ad una nota cantante lirica americana di fine ‘800, Lillian Allen Norton, nota come Lillian Nordica, di cui si narra la caduta in rovina a causa del possesso del gioiello che sarebbe stato apportatore di conseguenze nefaste.
E’ possibile che da un oggetto possa dipendere il destino di qualcuno? In molti sono propensi a pensare si tratti di superstizione ma sono molti i casi di vicende tragiche, forse troppe, accadute a coloro che sono venuti in possesso della gemma. La leggenda nata dal folklore popolare, più che da fatti verificati, inizia dal momento in cui il Diamante Hope viene portato in Europa dal commerciante di pietre preziose Jean-Baptiste Tavernier che lo acquistò in India intorno al 1688.
La leggenda della maledizione del Diamante Hope
La leggenda narra che il Diamante Hope sia stato prelevato da una statua di un idolo indiano, dove era posta come occhio. Il gesto sacrilego sarebbe costato al ladro e a coloro che ne fossero venuti in possesso una tragica maledizione.
Giunto in Francia, il commerciante Tavernier riuscì a vendere il Diamante Hope all’imperatore Luigi XIV assieme ad altre gemme preziose. Il destino del commerciante fu anch’esso segnato dalla sfortuna, morendo nel 1691 attaccato da un branco di cani selvatici.
Sorte analoga toccò anche ai possessori della famiglia reale francese. Per decisione di Luigi XIV la pietra venne tagliata e fatta incastonare in un gioiello che avrebbe indossato esclusivamente nelle occasioni più importanti. Il Blu di Francia venne così ridotto da 112 a 67,5 carati. Luigi XIV e la moglie Maria Antonietta terminarono la loro esistenza sulla ghigliottina. Dopo di loro anche Luigi XV, erede del prezioso monile, ebbe una vita segnata da malattia.
Eventi tragici anche sui successivi possessori del Diamante Hope
Cosa accadde ai possessori successivi ai regnanti di Francia non ci è dato sapere se non dopo il 1830, anno in cui si ha una documentazione dei nuovi possessori della gemma maledetta, acquistata da un nobile Lord, Francis Hope VIII duca di Newcastle che la fece ulteriormente modificare riducendone il peso a 45,5 carati e che diede il proprio nome alla pietra.
Segnali nefasti giunsero anche per lui ma decise proprio per questo di liberarsene, dopo aver divorziato da sua moglie.
Altro possessore, un certo Jacques Colot, morì suicida dopo averlo venduto al principe Kanitowskji che lo donò ad una ballerina. La donna morì uccisa proprio per mano del principe in un raptus di gelosia e lo stesso principe fu vittima di una rappresaglia da parte di rivoluzionari russi.
Un successivo proprietario, Simon Matharides, gioielliere greco, lo acquisì ma non ebbe il tempo nemmeno di riceverlo materialmente che finì la sua esistenza tragicamente cadendo in un crepaccio.
La scia di disgrazie legate ai possessori del Blu di Francia non pare interrompersi quando il sultano Abdul Hamid II venne deposto dopo un anno di regno, impazzendo.
Giungiamo agli inizi del ‘900 quando un successore del sultano cedette la pietra al gioielliere francese Pierre Cartier il quale ebbe modo di venderla al proprietario del Washington Post, Edward Beale McLean che ne rese omaggio alla moglie Evelyn. La sorte della famiglia fu purtroppo segnata da una serie di lutti e disgrazie. Infatti morirono in successione la madre di McLean, due cameriere e il figlio di soli 10 anni investito da un’auto. I due coniugi interruppero la loro relazione divorziando. Edward si diede all’alcol mentre la moglie Evelyn donò la pietra alla figlia la quale morì suicida nel 1946 per avvelenamento da barbiturici.
Ultimo proprietario, il gioielliere statunitense Harry Winston pare aver interrotto questa catena di eventi maledetta. Non solo non si ha notizia di fatti tragici riguardanti l’uomo ma si sa che verso la fine degli anni ’50 fu lui stesso a cedere allo Smithsonian Institute la pietra, tutt’ora esposta in un settore dedicato alla gemmologia. Non è l’unico oggetto famoso per una particolare maledizione ad esso legata, finito in un museo, come nel caso della sedia maledetta di Thomas Busby o degli oggetti conservati presso il Museo dell’Occulto dei coniugi Warren.
Fonte Parziale: Youtube Gioielloitaliano.net